Si tratta di una delle "statue parlanti" di Roma, Marforio, che insieme alle altre, Pasquino, Madama Lucrezia, l'abate Luigi, il Facchino e il Babuino, divennero i simboli dell'invettiva politica clandestina contro gli intrighi pontifici. La colossale statua, risalente al I secolo a.C., raffigura forse Oceano o più probabilmente il fiume Nera. Fu ritrovata nel Foro Romano, presso l'arco di Settimio Severo, insieme a una conca di granito. Sulla conca, attualmente visibile nella Fontana dei Dioscuri, c'era l'iscrizione "mare in foro": il nome popolare Marforio con cui è conosciuta la statua deriva, probabilmente, dalla deformazione del testo dell'iscrizione, anche se esistono altre interpretazioni, quali la sistemazione nelle vicinanze del Foro di Marte (Martis Forum) oppure dalle proprietà della famiglia Marfoli o Marfuoli, che si tenevano nei pressi del Carcere Tulliano, dove la statua si trovava fino al 1588. Dopodiché, Sisto V decise che questa sarebbe stata la statua ideale per guarnire una delle sue fontane e la fece trasportare in piazza S. Marco. Marforio non fece in tempo a mettervi radici, perché venne spostato sul Campidoglio, in una fontana progettata da Giacomo Della Porta. Quando Papa Innocenzo X, nella metà del Seicento, fece costruire il Palazzo Nuovo, la fontana del Della Porta fu smontata e Marforio fu sistemato nel cortile del Palazzo del Museo Capitolino. La statua giace in un bacino basso alimentato da un esile zampillo e Marforio, adagiato su un fianco e abbigliato con una veste che gli avvolge il busto, ha una mano poggiata sul ginocchio e stringe una conchiglia.
Da l'ASTOLFEIDA DEL DIVINO PIETRO ARETINO
Opera delettevole da leggere che contiene la Vita e Fatti de tutti li Paladini di Francia e di dove nacque la Casa di Maganza e chi fu Gano e di che Genti e Condizione fu la sua Genologia cosa bellissima d'Amore e gran Bataglie di Orlando e di Rinaldo
A PASQUINO E MARFORIO
antichi romani e amatori del vero Pietro Aretino Il martello ch'i' ho di voi dua, poi ch'io cangiai un fiume al mare e Roma con Venezia, vuol ch'io v'indrizzi la vita d'Astolfo e de gli altri paladini, detta da me l'Astolfeida. Io la mando a voi perché nascesti innanzi a' paladini, i quali son terra da ceci già 700 anni in circa. Voi soli avete visto e cognosciuto chi è visso e morto, chi vive ora e chi viverà poi. Voi soli siate e sarete, vivete e viverete fino al dí del giudizio, e in un tempo siate antichi e moderni. Voi soli siate amanti del vero e nimici de le menzogne. Voi soli vo[i]rreste morire per il vero, ma il vero vi tien vivi perché siate il paragon de' bugiardi. Chi è caparbio e ostinato abbaglia in ciò che fa, escetto ch'in dire il vero. Voi dite il vero a tutti e siate intesi da ogni gente. Pasquino cantando il vero scuopre le virtú, i vizii di tutti. Marforio sosorgnione dormendo afferma ciò che dice Pasquino, perché chi tace acconsente. Pasquino non cura i bravacci che piú volte l hanno tagliato il naso, i bracci, le mani, i piedi, e mai gli han possuto tagliar la lingua. Pasquino, poi che Roma è Roma, sta forte in Parione; Marforio iace sodo sodo a piè di Campidoglio. Pasquino non si muove mai, se ben Roma va tutta in arme; Marforio non si drizzaria da iacere pel Turco, né per un altro. Pasquino non si degna a chi è indegno di lui; Marforio non alza il capo a' carri, a le carrette, a' bufoli né a gli asini. In somma Pasquino e Marforio son sempre d'accordo e stando scoperti al sole e a luna si ridono de gli astrologi bugiardi, e non pigliando mai medicine tirano gran correge a la barba d'i medici. Quando è carrestia lor dui, che vivono di mamma orientale, fanno i fichi al grano de' riconi miseroni. A tempo di peste, perché non son sanguíni, non pigliano anguinaglie, e contro a la guerra hanno sí dura la pelle che non temono gli archibusi. Pasquino, che senza nigromanzia si transforma in ogni cosa, dice che sa fare ogni cosa. Quel pazzo d'Ercole de la Cantina in Roma assaltò un tratto con la spada ignuda Pasquino, ignudo come e' gli è, e menandoli mille colpi mai li possette cavar sangue. Il cielo e ' fati affadorno Pasquino e Marforio in perpetuo. Orlando e Feraú furono fatati da non poter morir mai, e pur morirono; solo Pasquino e Marforio furono fatati da vero e gli altri da beffe. Quando ero in Roma si fe' una caccia di toro inanzi a Pasquino: il toro sbudellò un caca-pensieri ch'andò ad affrontarlo e sbalzò in aria dui altri pera-grilli; viddi un artigianello sfacendato che fuggendo dal toro saltò su gli omeri a Pasquino e il toro, avendo rispetto a Pasquino, ebbe riguardo a lui. Nel sacco di Roma chi fu morto, chi taglieggiato e chi perse i genitali: soli Pasquino e Marforio, per i meriti loro e per grazia bona, non ebbe male alcuno. Nel diluvio il Tevero da bene, smorbando i mali, portò via case e botteghe, taverne, bordelli, puttane, ruffiani, asini, cavalli, buffoli, cani, gatti e fino a' topi: Pasquino e Marforio non mossero mai i piedi. Adunque, o miei buon sozii, sotto l'umbra del vostro vero mando al sole l'Astolfeida, perché la salviate de' morsi de le cicale. Io so che sapete che i paladini furono valenti e da bene, ma non quanto se ne ragiona. I paladini furono uomini come gli altri; il mondo fu sempre d'una sorte e non mancano oggi, in cambio di paladini, i colonnelli, i capitani, l alfieri, i maestri di campi e de la vigna, e per tutto ci è de l Astolfi e piú de' Martani e - quel ch'è peggio - de' Gani a iosa. Or, per non vi esser lungo, ecco l'Astolfeida sotto la protezzione vostra, e vi bascio di lontan il cuore e sempre scampando state lieti.